lunedì 29 ottobre 2012

l'accoglienza...sta tutto lì!

ieri sera, a casa di Alessia e della sua bella famiglia, c'era proprio una tavola pellegrina! E, fra tutti, Goran un ragazzo croato che sta andando a piedi verso Roma, un pellegrino d'hoc nello spirito e nei passi...ma non è di questa bella serata che vi voglio parlare e di cui ringrazio Alessia e Fabio sempre pronti ad "aggiungere un posto a tavola che c'è un amico in più", ma di come l'accoglienza sia il perno di tutto! Sta mattina negli ultimi sogni del dormiveglia, mi sono vista sfaccendare nella cucina "della Ruah" era tutta bella e professionale e mi sono svegliata pensando: "Ah ma allora è così, non sapevo che avesse una cucina così bella!" E così "ho visto" la cucina che, in un'altra dimensione, esiste già!
L'accoglienza....Francesca di Milano, che sta per partire dall'Aquila verso Sulmona nonostante "la giovane età" e "le nubi in cielo che minacciano pioggia", l'altro giorno mi ha mandato una splendida omelia di don Angelo Casati che sarebbe tutta da riportare ma di cui copio solo una parte sull'accoglienza che trovo perfetta.
(ma non è che anche lui rischia di essere accusato di "new age"?! Perchè, quello che io vado dicendo a chi dovrebbe sapere per vocazione, cosa sia l'accoglienza non è nulla di più di quello che dice lui!) Mah...
stralcio da: Essere chiesa oggi

Parrocchia S. Curato d’Ars – Milano 6 ottobre 2011
  Essere maturi e adulti

Non siamo più in un mondo immobile, nascono nuove situazioni, orizzonti impensabili. Viviamo una sorte di spaesamento, cui a volte resistiamo con la conseguenza del lamento e del rimpianto per i tempi in cui tutto era più chiaro. Dobbiamo riconciliarci con questo tempo e scorgere, se ci riesce, una opportunità. Lo spaesamento non ci può forse fare uscire come Abramo dalla terra: “esci dalla tua terra”, dall’imprigionamento in ricette e precetti che non erano un assoluto?
Vorrei aggiungere, giudicare senza aspettare dai palazzi alti l’imbeccata, ma esercitando il nostro spirito critico, onorando l’intelligenza, nel senso dell’intus legere, che Dio ha dato a tutti. Non a una minoranza, a tutti i suoi figli. C’è una parola dimenticata o poco commentata del vangelo, che è anche un rimprovero: “Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?” Da voi stessi!

Accogliere

Cioè creare ambienti accoglienti. La chiesa, il gruppo, la casa. Volete un’immagine che mi è cara, tanto che è diventata il logo della mia vecchia parrocchia? “Come albero”. L’albero del vangelo. Il piccolo seme è diventato albero e gli uccelli vi trovano rifugio. Dare ai nostri gruppi la forma più aperta possibile. Arrivano tutti. L’albero ospita uccelli senza distinzione. Non chiede tessere di appartenenza. Né chiede agli uccelli di rimanere in eterno. Ti nutri e voli via, voli nella vita. Così noi, chiesa: come albero. Ci siamo come albero, ma perchè volino via. Una accoglienza senza imprigionamenti. Puoi entrare, chiunque tu sia. Apri la porta ed entri. Non c’è bisogno di una tessera. Ti senti accolto nella
tua sete. Sarà sete di Dio, del vangelo? O sarà sete di una umanità più vera? Di una terra più vera? Sei accolto nella tua sete. Quella sete a cui forse ancora non sai dare nome. Il segno dell’accoglienza, la più universale, la più incondizionata, deve essere visibile, vorrei dire apparire come la prima cosa: l’accoglienza. Per questo come chiesa dovremmo perdere sempre di più l’immagine pesante della struttura, dovremmo guadagnare in scioltezza e leggerezza, meno
preoccupati di programmi e calendari, più appassionati ai volti e agli
incontri. Da una chiesa di strutture a una chiesa di volti.
Nel vangelo è scritto che “Gesù, accogliendo le folle, parlava loro del regno di Dio”. Dove “accogliendo” non è un inciso, un particolare, un’aggiunta che si può omettere, come a volte succede nelle letture ritagliate per la liturgia. Non è forse vero che in quel suo accogliere a braccia allargate, già baluginava, prima ancora che Lui parlasse, il regno di Dio? Non è forse questo il regno di Dio?
Forse il nodo pastorale è qui. O uno dei nodi. Quante volte succede che nel programmare i nostri incontri, per lo più siamo preoccuparti, quasi esclusivamente preoccupati, di che cosa dire. Dimenticando che la prima parola è l’aria di accoglienza, di accoglienza universale, che si respirerà.
Accoglienza senza distinzioni, gratuita. E’ la passione per il volto che si affaccia. Questo stile di accoglienza è già messaggio, è già vangelo.

Sconfinare
Andare in altri territori, quelli che solitamente definiamo, ingenuamente definiamo, come “lontani”. Gesù è un esempio, sconfinava. I luoghi da lui più frequentati non erano le sinagoghe o il tempio, erano strade, lago, monti, case, e strade, strade, strade. Perché siamo ritornati nelle chiese?
Perdonate, è una malignità, ma io penso che nelle chiese siamo più
tranquilli, sappiamo già che cosa dire e cosa fare, abbiamo già tutto
pronto, programmato, siamo sicuri, di non subire spaesamento. Fuori sulle strade, non sappiamo che cosa succede, non abbiamo un prontuario di risposte o, se le abbiamo. ci accorgiamo che quelle risposte non rispondono.
Ci volle del tempo anche a Gesù per sconfinare. Ricordate quando Gesù incontrò la donna cananea, una pagana e alla sua implorazione per la figlia rispose: “non si getta pane ai cagnolini” e la donna: “anche i cagnolini si cibano dlelle briciole che cadono dalla tavaola”. E Gesù: “donna grande è la tua fede!”. Una pagana! Grande” – notate -: “donna, grande è la tua fede”. Ditemi voi come avrebbe potuto Gesù riconoscere la grande fede di quella donna pagana se non l’avesse ascoltata.
Oggi siamo tutti a parlare dei nuovi pagani, ma non sarà che in qualcuno gorgogli la fede della donna dei cagnolini? Prima ascolta...

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