mercoledì 1 maggio 2013

nel giorno in cui Shimon Peres riceve la cittadinanza di Assisi...

...non ho neppure tentato di entrare in una città blindata ma, per Dio-incidenza sono andata ad incontrare due pellegrini tedeschi all'Ostello della Pace che vengono dalla cittadina di di Valentin Müller e, uno dei due, medico in pensione, fu curato da lui da bambino ed era collega del figlio Robert, anche lui medico.
Ora, non dubito che Peres sia una brava persona...ma non mi pare che poi sia riuscito a fare molto per la questione palestinese...comunque...
Ma chi era il colonello Müller? Se venite ad Assisi non mancate di andare al museo d'arte in via San Francesco lì ci sono delle stanze molto interessanti su come Assisi come città, e gli ebrei e rifugiati politici che affollavono ogni casa di Assisi, furono salvati da 4 giusti, uno di loro era un tedesco, un colonnello della  Wehrmacht...un grande uomo che oggi mi piace ricordare.
Noi l'abbiamo fatto davanti ad un bicchiere di vino parlando della stupidità umana...a volte sono così stanca di questo...e penso alla mia mamma gatta e quanto lei sia più saggia di tutti noi...comunque non mi addentro in questo tema perchè oggi sono proprio molto stanca dell'umanità...
Ecco chi era il colonnello Müller e anche chi era don Aldo che ho avuto la fortuna di conoscere, ecco come scrive di loro wikipedia...dei giusti che...ci salvano davanti al trono di Dio.

il colonnello Valentin Müller
nacque nel 1891 a Zeilitzheim, nella Bassa Franconia e venne battezzato cattolico. A 13 anni frequentó il Kilianeum, un seminario vescovile a Würzburg. Nel 1911 prese la maturitá e studió medicina a Würzburg dove diventó membro attivo dell'associazione cattolica studentesca K.St.V. Normannia Würzburg. Durante gli anni di studio venne arruolato nella Prima guerra mondiale e serví al fronte. Ricevette la medaglia d'argento e venne preso prigioniero dagli inglesi.
Più tardi aprí uno studio medico e dopo la presa del potere da parte di Hitler fu l'unico medico che continuó a visitare i pazienti ebrei malati a casa.
All´inizio della Seconda guerra mondiale Valentin Müller venne nominato colonnello e arruolato di nuovo. Prese parte alle campagne in Polonia, Francia e Russia. A causa delle sue convinzioni cristiano-religiose che non ammettevano compromessi, venne in conflitto ripetutamente con la Wehrmacht ed era per questo sotto osservazione. Sembra non tollerasse che in sua presenza un soldato imprecasse o bestemmiasse. “...ich lasse mir das, was mir heilig ist, nicht in den Kot ziehen.“[1]. (“…rispetto ciò che per me è sacro, non mi faccio tirare nel fango„)
Nel 1942 gli venne assegnato di erigere il primo lazzaretto a Stalingrado. Solamente pochi giorni prima che l'armata rossa accerchiasse le truppe tedesche, gli venne ordinato di spostarsi a Lourdes ad allestire una divisione per il trasporto dei feriti. Come capo di questa divisione giunse nel 1943 in Italia. Nel Settembre del 1943 Müller divenne governatore militare di Assisi.

Grazie anche alla complicitá del colonnello tedesco ad Assisi padre Rufino Niccacci poté condurre una organizzazione clandestina per salvare ebrei perseguitati. Questi rifugiati, camuffati da monaci e suore, trovarono riparo dietro alle mura dei conventi. Padre Rufino venne per questo riconosciuto come Giusto tra le nazioni a Yad Vashem. Da convinto cattolico per Müller era inaccettabile la distruzione di chiese, monasteri e delle opere d'arte in essere racchiuse. Dato che sempre più feriti arrivavano dal fronte che si stava avvicinando, anche il Seminario Regionale di Assisi venne trasformato in un lazzaretto. Il colonnello Müller e il vescovo Giuseppe Placido Nicolini, vista la situazione militare, arrivarono alla conclusione che solo l'allargamento del lazzaretto e la conseguente dichiarazione ufficiale di Assisi come “città lazzaretto” potesse permettere di salvare la città e i rifugiati. Müller convinse il feldmareschallo Albert Kesselring a far dichiarare Assisi zona franca ospedaliera, ovvero divenne proibito attaccare la città da parte di tutti gli eserciti, come stabilito dalla Convenzione dell'Aia (1907). Tutte le parti in guerra riconobbero Assisi come zona franca.

Per il suo operato Müller godette di molta stima sia da parte dei tedeschi che degli italiani. Un modo di dire degli abitanti era: “Abbiamo tre protettori: Dio, San Francesco e il colonnello Müller”. Persino i partigiani dettero l’ordine che “nessuno doveva torcere un capello” al "colonnello".
Al momento della ritirata delle truppe tedesche Müller lasció grandi quantitá di preziose medicine e attrezzature mediche. Solamente alcune settimane dopo egli venne preso prigioniero di guerra dall'esercito americano.
Nel 1950 venne invitato ad Assisi insieme alla sua famiglia. Tutta la città lo accolse come un eroe.
Valentin Müller è stato sepolto ad Eichstätt. Sulla sua lapide sono scolpite riproduzioni della Basilica di San Francesco e del Sacro Convento di Assisi. Una targa in viale Vittorio Emanuele II ad Assisi ricorda ancora oggi il benefattore della città.

Don Aldo Brunacci
Don Aldo Brunacci (Assisi, 1914 – Assisi, 2 febbraio 2007) è stato un presbitero italiano, il cui nome è iscritto a Yad Vashem tra i giusti tra le nazioni per la sua opera a favore degli ebrei durante l’Olocausto. Nato da una famiglia di artigiani, Brunacci studia a Roma dove entra in contatto con gli ambienti giovanili dell’Azione Cattolica.

Occupazione Tedesca
Tornato a Assisi è, con padre Rufino Niccacci, tra i collaboratori più stretti cui il vescovo Giuseppe Placido Nicolini si rivolge per fronteggiare l’emergenza al momento dell’occupazione tedesca. Assisi è letteralmente invasa dai profughi, tra i quali oltre 300 ebrei. Il vescovo e i frati minori di san Damiano non hanno esitazioni.

Resistenza all'Olocausto
Assisi diventa uno dei principali centri della resistenza italiana all’Olocausto. Travestiti da frati e suore, nascosti nei sotterranei e nelle cantine, mimetizzati tra gli sfollati, provvisti di documenti falsi, gli ebrei rifugiatisi ad Assisi sono protetti da una vasta rete di solidarietà che si estende anche ad altre zone dell’Umbria ed ha contatti, anche attraverso il ciclista Gino Bartali, con le centrali di resistenza e finanziamento della DELASEM in Liguria e Toscana. Il compito è arduo. Tra i rifugiati ci sono donne, bambini, vecchi, ammalati, che necessitano cura e assistenza per le necessità quotidiane. Don Brunacci organizza anche una scuola dove i bambini ebrei possano ricevere istruzione religiosa ebraica. Grazie anche alla complicità dell’ufficiale tedesco Valentin Müller, che dichiarerà Assisi una zona franca ospedaliera, nessun ebreo sarà deportato da Assisi.
Arrestato dai fascisti nel maggio 1944, don Brunacci riesce a salvarsi per l’intervento dei superiori ma deve rifugiarsi al sicuro a Roma fino alla Liberazione. Con il vescovo Nicolini e padre Niccacci, riceve nel dopoguerra l’attestato di giusti tra le nazioni a Yad Vashem.



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